Ridurre le disuguaglianze è ancora un tabù?


Il 22 aprile scorso il think thank Pew Research Centre, che si occupa di “attitudini e tendenze globali”, ha pubblicato un sondaggio secondo cui il 50% dei cittadini di Stati Uniti, Francia (qui è il 70%), Germania e Gran Bretagna è favorevole a che il sistema economico pre-Covid sia profondamente o completamente riformato, mentre un’esigua minoranza (dal 12% degli statunitensi al 3% dei francesi, al 6% dei britannici e al 9% dei tedeschi) vorrebbe il ritorno tout court al neoliberismo pre-pandemia.

La maggior parte degli intervistati ha apprezzato l’intervento dello Stato a sostegno di chi ha subito i maggiori danni dalla crisi economica innescata dalle restrizioni seguite alla pandemia e vorrebbero che continuassero - soprattutto nella creazione di nuovi posti di lavoro, nella riqualificazione professionale e nell’edilizia residenziale - il 40% auspica misure che riducano le disuguaglianze e addirittura un terzo vorrebbe misure più radicali, come l’aumento della tassazione sulla ricchezza.

In Italia un sondaggio condotto a fine marzo scorso e commissionato da Tax Justice Italia insieme a Millionaires for Humanity, un gruppo di 83 multimilionari di tutto il mondo che sostiene l’idea di una patrimoniale per i super ricchi, mostra che due terzi degli italiani sarebbe favorevole all’introduzione di una patrimoniale dell’1% su coloro che detengano ricchezze superiori agli otto milioni di euro e solo l’8% degli intervistati è contrario (è preoccupante che un quarto degli italiani non conosca l’argomento o sia loro indifferente).

Nonostante la levata di scudi di lobby ed economisti neoliberisti (e anche di qualche politico, come il vice presidente della Commissione Europea, Valdis Dombrovskis, che ha preannunciato il ripristino del patto di stabilità a partire dal 2023, fiducioso che entro il prossimo anno il PIL di tutti i Paesi membri sarà tornato ai livelli pre-pandemia) sui danni che procurerebbe l’abbandono dell’austerità come cardine dell’economia tradizionale, il tema dell’intervento statale per ridurre le disuguaglianze è entrato anche nei templi dell’economia tradizionale.


Nel Fiscal Monitor di aprile il Fondo Monetario Internazionale ha suggerito che un aumento temporaneo delle tasse sulla ricchezza o sui redditi più alti potrebbe aiutare ad affrontare le disuguaglianze che sono aumentate a causa della crisi, oltre a suggerire ai più colpiti dalla pandemia la percezione di un senso di coesione. Ma il FMI, spaventata da tanto ardire, ha esortato i governi a "valutare attentamente misure di compromesso", per esempio una riforma delle attuali politiche sulle tasse di successione o sulla proprietà prima di passare alle tasse sulla ricchezza.

Anche il presidente conservatore della Federal Reserve, Jerome Powell, scelto da Trump e confermato da Biden, è stato costretto durante un’audizione al Senato nel febbraio scorso, spinto dalle domande di Elizabeth Warren (da tempo promotrice di un progetto di una patrimoniale del 2% sulle ricchezze superiori a 50 milioni di dollari), ad ammettere che “la disuguaglianza appesantisce la nostra economia e ostacola la crescita economica.”


Nel Regno Unito l’Institute for Fiscal Studies, un prestigioso centro indipendente di ricerca, nel luglio 2020 ha istituito la Wealth Tax Commission (Commissione per una Tassa sulla Ricchezza) incaricata di proporre al governo britannico un modello di imposta sul patrimonio. La Commissione ha prodotto un rapporto a dicembre 2020 con tre diverse proposte di patrimoniale da adottare per cinque anni in modo da rientrare – in tutto o in parte – dal deficit di 260 miliardi di sterline prodotto dalle misure per contrastare la pandemia:

  • una più blanda (un’aliquota fissa dello 0,64% per tutte le ricchezze superiori alle 250 mila sterline, con un incasso annuo previsto di 12 miliardi)

  • una più incisiva (tassazione progressiva per i patrimoni fra 500 mila e 10 milioni, con un’aliquota dell’1,6% per i super ricchi, con entrate previste di 29 miliardi annui)

  • quella più radicale (tassazione progressiva per i patrimoni fra 1 e 10 milioni di sterline, con un’aliquota del 3% sulle ricchezze superiori ai 10 milioni, con un introito annuo di 55 miliardi di sterline).

La proposta è stata supportata sia da organizzazioni no profit come Oxfam sia, seppure con qualche distinguo, da quotidiani progressisti come il Guardian.

Recentemente, il Financial Times si è spinto a proporre un reddito di base universale e incondizionato come misura per ridurre le disuguaglianze in Gran Bretagna create dalla crisi sanitaria ed economica. La proposta è introdurre un'imposta negativa sul reddito, cioè una deduzione fiscale uguale per tutti i redditi, calcolata in settemila sterline annue, cioè circa 700 euro al mese per tutti i cittadini maggiorenni. Questa misura - che costerebbe allo Stato circa il 5% del prodotto interno lordo - sarebbe pressoché ininfluente per i redditi medio-alti, mentre beneficerebbe soprattutto i più bassi: un lavoratore dipendente vedrebbe aumentare sensibilmente la sua busta paga, mentre a chi in un anno guadagna meno del reddito minimo, cioè la fascia più povera della popolazione, la differenza verrebbe rimborsata in contanti.


Ma è negli Stati Uniti che il dibattito su una più equa distribuzione delle ricchezze è diventato centrale sui media come nel mondo politico: così alle voci della deputata Alexandria Ocasio-Cortez, dei senatori Bernie Sanders e Elizabeth Warren sulla tassazione dei più ricchi si è aggiunta quella della nuova Segretaria del Tesoro, Janet Yellen, che – pur dichiarandosi scettica sulla patrimoniale proposta da Warren per le difficoltà della sua applicazione – ha proposto altre misure per ridurre le disuguaglianze economiche. In particolare:

  • l’aumento dell’aliquota dell’imposta sulle imprese dal 21% al 28% (recuperando solo in parte quella del 35% in vigore durante l’amministrazione Obama e abbattuta da Trump nel 2017);

  • una tassazione comune minima, proposta al maggior numero possibile di Stati per contrastare l’erosione fiscale delle multinazionali, soprattutto digitali, che pagano le tasse solo nel Paese dove avevano fissato la sede fiscale. In realtà negli Stati Uniti una tassa sui profitti realizzati all’estero dalle multinazionali esiste già, sul cosiddetto Global Intangible Low-Taxed Income (Reddito intangibile globale a bassa tassazione), ma – come suggerisce la sua stessa denominazione – è particolarmente generosa nei confronti della multinazionali: l’aliquota (10,5%) è la metà di quella prevista per le società nazionali e viene incassata solo se e quando i profitti rientrano negli USA sotto forma di dividendi; inoltre Donald Trump, con la sua riforma fiscale (Tax Cuts and Jobs Act) che riduceva le imposte ai redditi più alti, praticamente esentò tutte le multinazionali dal pagamento;



  • l’ultima misura prevista da Janet Yellen è il ripristino dell’aliquota massima sul reddito delle persone fisiche al 39,6%, dopo che Trump con la TCJA l’aveva ridotta al 37%, ma aumentando contestualmente lo scaglione di reddito da 400 mila a 523 mila dollari. La previsione è che quest’ultima misura produrrà il minor gettito fra le tre adottate, perché – come si spiegherà in altro post – i super ricchi ogni anno riescono a incrementare in modo rilevante la propria ricchezza, mantenendo invariato o addirittura riducendo il proprio reddito.

Con queste tre misure il Tesoro americano conta di finanziare integralmente i due grandi piani economici dell’amministrazione Biden: il piano di 2.300 miliardi di dollari per ammodernare le infrastrutture del Paese (American jobs Plan) e quello di 1.700 miliardi per offrire sostegno alle famiglie su istruzione, accesso ai servizi sanitari e reddito, quest’ultimo grazie alla riduzione delle imposte (American Families Plan).

L’intervento a sostegno dell’economia colpita dalla pandemia e, in particolare, dei più poveri (Rescue Plan) – il primo e finora l’unico piano dell’Amministrazione Biden pienamente esecutivo – è stato finanziato, con una provvisoria conversione del Tesoro alla Teoria Monetaria Moderna, interamente a debito: la Federal Reserve ha stampato tanto denaro (1.900 miliardi di dollari) quanto serviva, senza che né Janet Yellen né il presidente della Fed Jerome Powell si preoccupassero del rischio di inflazione.



Anche in Italia non sono mancate le prime aperture del mondo finanziario all’adozione di un’imposta patrimoniale: in un’audizione alla Camera dello scorso gennaio il responsabile del ufficio fiscale della Banca d’Italia, Giacomo Ricotti, ha fatto una cauta apertura all’adozione di una tassazione personale si patrimoni nell’ambito di una più generale riforma del sistema fiscale; stessa posizione ha avuto il Presidente della Corte dei conti, Guido Carlino - di fronte alle commissioni finanze di Senato e Camera – su un prelievo patrimoniale sia come metodo per contrastare la disuguaglianza, evidenziata dall’aumentata concentrazione della ricchezza rispetto al reddito, sia in relazione alla copertura dei costi della pandemia.

<<< --->>>

Uno dei pochi pregi della crisi pandemica è stato quello di far porre l’attenzione di governi e parlamenti, spesso più sensibili agli interessi delle lobby e – soprattutto negli Stati Uniti – dei finanziatori delle loro campagne elettorali, il tema dell’intollerabile aumento delle disuguaglianze economiche e sociali e dell’urgenza della sua riduzione, un aumento che è iniziato oltre quarant’anni fa e cui hanno dedicato il loro studio economisti come Anthony Barnes Atkinson e Thomas Piketty.

Il problema è oggi passare dalle parole ai fatti, superando i pilastri neoliberisti su cui oggi poggiano le maggiori economie mondiali. Si riusciranno a ottenere in un prossimo futuro risultati, anche minimi, nella ridistribuzione della ricchezza e nell’aumento della tassazione dei super ricchi, oppure prevarrà il ritorno alla normalità, con il controllo ossessivo del debito pubblico e un sistema di imposizione fiscale spesso sostanzialmente regressivo?

<<< --->>>

Potrebbero anche interessarti:

Nel Regno Unito, prendere ai ricchi per dare ai poveri… sembra facile!

Negli Stati Uniti, prendere ai ricchi per dare ai poveri… sembra facile!

Il deficit democratico

Post popolari in questo blog

La guerra e la comunità internazionale

Il pezzo sovraccarico