Si semina meglio QAnondo il terreno è già fertile

 


Paradossalmente, l'illusione che sia un malvagio, onnipotente complotto a guidare gli eventi può essere più confortante di una realtà che gli esseri umani raramente possono controllare”

(Rob Brotherton)



Lo scorso 2 dicembre il quotidiano francese online Mediapart ha pubblicato un’inchiesta sui motivi del successo del film-documentario cospirazionista Hold-up. Secondo Lucie Delaporte e Khedidja Zerouali, le due giornaliste di Mediapart autrici dell’articolo, il grande successo (oltre tre milioni di visualizzazioni in pochi giorni) non è da attribuirsi, se non in parte, all’effetto Streisand [1] prodotto dalla decisione della piattaforma Vimeo di cancellarne la programmazione, a causa del suo contenuto, dopo solo 24 ore e neppure al fatto che il documentario francese si sia ispirato, al limite del plagio – come aveva segnalato una di loro, in un suo precedente articolo  a un altro video complottista, PLANDEMIC: The next Covid 19 Conspiracy, di grande successo negli Stati Uniti.


Le due giornaliste pensano piuttosto che il successo di Hold-up sia da attribuirsi al fatto che in Francia c’era già un pubblico potenzialmente sensibile agli argomenti complottisti diffusi nel film-documentario, mentre per la rapidità di diffusione puntano il dito su alcuni influencer del mondo della moda, del benessere, della medicina alternativa. Oggi tutti conoscono questo termine, ma pochi si soffermano sul fatto che negli ultimi anni abbia cambiato notevolmente di significato: se nel mondo del marketing inizialmente indicava una persona che, grazie alla sua autorevolezza e reputazione, poteva influenzare le opinioni e i comportamenti del pubblico, con la diffusione di Internet l’influencer è diventato chi è seguito da moltissime persone ( follower) sul proprio canale social (Facebook, Twitter, Instagram) e perciò è in grado di diffondere determinati messaggi su una scala molto ampia.

La diversa accezione nell’uso del termine ha comportato due rilevanti conseguenze: non è più necessario che l’influencer sia autorevole, perché l’autorevolezza gli è data dal numero di persone che lo seguono; inoltre un influencer – rispetto agli opinion leader di un tempo – riesce a raggiungere un numero elevato di persone in pochissimo tempo, grazie alla condivisione del messaggio (che è un po’ l’equivalente tecnologico del sempre valido passaparola).

La nebulosa QAnon

Quello che stupisce dell’inchiesta è il gran numero di influencer che hanno fatto una capillare promozione di Hold-up, ospitandone gli autori prima della sua pubblicazione o rilanciandone i temi immediatamente dopo. E, ancora di più, che tutti questi personaggi – estranei al mondo della politica – siano più o meno esplicitamente seguaci delle teorie cospirazioniste di QAnon. Si tratta di un movimento, per chi non lo conoscesse, nato appena tre anni fa negli Stati Uniti da un anonimo utente di un sito web per immagini, 4chan, che con lo pseudonimo/nickname di Patriota Q (lettera non scelta a caso, perché identifica il codice di chi, nell’amministrazione americana, ha accesso ai documenti più top secret) ha cominciato a diffondere messaggi sull’allarmante diffusione della pedofilia, attribuendola a una setta satanica segreta denominata Cabal. A questa congrega apparterrebbero Hillary Clinton, George Soros, Bill Gates, ma anche artisti come Marina Abramović e Céline Dion. Cabal non si limiterebbe a segregare, torturare e uccidere bambini in prigioni sotterranee, ma attraverso le sue emanazioni (Deep State) starebbe tramando per arrivare a controllare il mondo e a imporre, mutuandolo dalla terminologia massonica, un Nuovo Ordine Mondiale.

Nonostante sembri difficile che una teoria così strampalata possa avere successo, QAnon si è rapidamente diffusa negli Stati Uniti, specialmente negli ambienti di destra, e dal 2020 ha trovato adepti in tutto il mondo: in Europa i QAnonisti sono particolarmente presenti in Gran Bretagna, Germania e Paesi Bassi.

Anche quando Facebook, Twitter, Instagram e YouTube hanno chiuso migliaia di pagine e profili che si richiamavano a QAnon, molti di questi account sono rinati sotto altro nome, quando – soprattutto all’estero  non hanno preferito trasferirsi su altre piattaforme come Parler, Gab, MeWe o Rumble. I siti dove invece QAnon non ha subito alcuna restrizione sono quelli di e-commerce, nei quali sono disponibili gadget, libri e altro  materiale propagandistico delle teorie QAnon.


Numerosi sono i fattori che ne hanno determinato il successo. Innanzitutto l’anonimato dello “svelatore del complotto” autorizza a immaginare sia un personaggio inserito ai piani alti del governo nazionale (molti immaginano addirittura che si tratti di John Fitzgerald Kennedy jr. che abbia inscenato la sua morte in un incidente aereo vent’anni fa per entrare in clandestinità e da lì combattere contro Cabal) e che quindi le sue rivelazioni siano affidabili; poi la leva iniziale affidata alla pedofilia, la cui diffusione preoccupa gran parte dell’opinione pubblica, specialmente femminile; infine, la sua semplicità nell’inserire argomenti che hanno una spiegazione complessa o ancora dibattuta (le scie chimiche, la pericolosità dei vaccini, quella della tecnologia 5G, le epidemie virali, il controllo dei dati sensibili, le nanotecnologie) come tasselli dello stesso mosaico.

Su quest’ultimo fattore andrebbe riletto ciò che ha scritto anni fa uno dei massimi esperti di teorie dei complotti, lo psicologo Rob Brotherton: “Siamo tutti predisposti a vedere schemi in eventi casuali. Normalmente questi pregiudizi ci aiutano a orientarci nel mondo e a stare fuori dai pericoli, ma se lasciati incontrollati possono portarci fuori strada. (…) Paradossalmente, l'illusione che sia un malvagio, onnipotente complotto a guidare gli eventi può essere più confortante di una realtà che gli esseri umani raramente possono controllare”.


Tornando al caso francese, oggetto dell’inchiesta di Mediapart, è interessante la descrizione che il blogger e saggista Tristan Mendès-France fa del pubblico sensibile alle tesi di QAnon: “Spesso sono donne interessate al benessere, alla meditazione, allo yoga o alla salute alternativa. Sono particolarmente motivate, perché spesso parlano a favore della difesa dei bambini. Ci sono molte madri tra i 40 e i 50 anni. Siamo abbastanza lontani dalla base classica dell’estrema destra”.


L’onda QAnon in Italia

Piacerebbe verificare se questo identikit si attaglia anche ai seguaci di QAnon in Italia, vicina – non solo geograficamente – al Paese transalpino. Purtroppo, mentre sono relativamente numerosi gli articoli sul fenomeno QAnon, sono carenti quelli che affrontano la sua diffusione fra gli italiani. Sempre all’inizio di dicembre, l’ANPI ha pubblicato sulla sua rivista quindicinale Patria indipendente un’inchiesta curata dal gruppo “Antifascismo e Web” e dedicata alla diffusione del QAnon in Italia. Obiettivo principale era evidenziare eventuali legami fra i profili QAnonisti e le formazioni politiche di destra: in base ai siti e alle pagine seguite dai vari profili sembra che l’orientamento politico prevalente sia più vicino alla destra sovranista (Lega) che a quella tradizionale (FdI).

L’inchiesta non ha individuato nella Rete profili che promuovano QAnon e che possano essere ascritti a influencer, mentre cita tre personaggi noti che, grazie al loro seguito (soprattutto il primo) possono contribuire a diffondere le idee cospirazioniste.

Il primo è padre Livio Fanzaga, direttore di Radio Maria (poco meno di un milione e mezzo di ascoltatori) che dai microfoni dell’emittente lo scorso novembre ha sostenuto che la pandemia di coronavirus è effetto di un complotto mondiale delle élite per conquistare, sotto l’impulso di Satana, il mondo entro il 2021: “Il Covid è un progetto elaborato da Satana in persona, che trova la piena collaborazione dei grandi poteri finanziari e tecnologici del Mondo, con lo scopo di eliminare il Cristianesimo attraverso una sorta di dittatura sanitaria. Le elezioni americane, con la sconfitta di Trump, ritenuto un difensore della vera fede, sono un tassello di questo diabolico progetto.”

Altro sacerdote è l’ex nunzio apostolico negli Stati Uniti, Carlo Maria Viganò, che nel giugno scorso ha inviato una lettera a Donald Trump (ricevendo un tweet di ringraziamento da parte del presidente) dove, riferendosi alle manifestazioni di Black Lives Matter, si diceva sicuro “che il ricorso alle proteste di piazza è strumentale agli scopi di chi vorrebbe veder eletto, alle prossime presidenziali, una persona che incarni gli scopi del Deep State e che di esso sia espressione fedele e convinta.” E, più oltre, denunciava come molti vescovi siano “asserviti al deep state, al mondialismo, al pensiero unico, al Nuovo Ordine Mondiale che sempre più spesso invocano in nome di una fratellanza universale che non ha nulla di cristiano, ma che evoca altresì gli ideali massonici di chi vorrebbe dominare il mondo scacciando Dio dai tribunali, dalle scuole, dalle famiglie e forse anche dalle chiese.”

Il terzo personaggio – il più pittoresco, ma anche il più seguito sul web – è Alessandro Meluzzi, psichiatra, politico che ha attraversato l’intero arco costituzionale per approdare a Fratelli d’Italia e recentemente autoproclamatosi primate di una chiesa ortodossa scismatica. Secondo Meluzzi “c’è una regia planetaria dietro questa finta pandemia, che chiamerei piuttosto info-pandemia. Attraverso la paura del contagio tale regia ha voluto mettere le catene agli esseri umani che hanno perso quasi ogni libertà”; una regia affidata a Big Pharma per ottenere un “Grande Reset” dell’economia mondiale che “consentirà a un gruppo elitario di una decina di famiglie di governare il mondo” distruggendo la famiglia e lo stesso rapporto uomo-donna per trasformare il mondo in “una poltiglia in cui tutto si mescola per non avere più nessuna identità”.


Qui emerge la prima differenza con l’indagine di Mediapart: i punti di riferimento dei QAnonisti italiani sono tutti maschi, sebbene i riferimenti alla Chiesa e alla famiglia minacciate o al pericolo gender siano argomenti cui è sensibile un pubblico prevalentemente femminile; in Francia le due giornaliste prendono invece a esempio quattro influencer, due per genere.

L’inchiesta del gruppo ANPI si è focalizzata su Twitter, individuato come social network d’elezione dei QAnonisti nostrani.

Sono stati individuati 254 account legati a QAnon, a 209 dei quali è stato possibile attribuire un genere, in base al nome o alla foto del profilo: gli account femminili risultano essere 79, cioè il 38,9% del totale, una percentuale in linea con l’utenza femminile in generale su Twitter (38,7%) rilevata da uno studio del gennaio scorso. Se però ci si limita ai 20 profili con il maggior seguito, dei 15 per i quali è stato possibile stabilire un genere, 9 (il 60%) appartengono ad account femminili.

Where we go one, we go all: una comunità coesa

Anche su Facebook, il gruppo QAnon che ha il maggior numero di iscritti (oltre 1.400 in continua crescita) ha tre amministratrici tutte donne; una di loro, Loredana di Parma, è la più attiva nel condividere post e video anche da altre piattaforme, come Rumble. Il gruppo, per evitare di essere facilmente individuato come complottista, si descrive come gruppo “per l’uscita dalla UE e il Sovranismo Costituzionale” e, in effetti, post contro Conte, Merkel, Grillo e il M5S si alternano a quelli più smaccatamente marcati Q.

Non sembra essere importante il fatto che la notizia pubblicata sia palesemente inverosimile: così Alessandra di Bassano può sostenere che Melania Trump sia la reincarnazione di Lady Diana (nonostante qualcosa nelle date non torni) e che un tweet di Trump, subito cancellato da Twitter, annunci lo stato di emergenza come risposta al colpo di stato rappresentato dalle frodi elettorali e che a Biden sia già stato ritirato il passaporto in attesa di un suo prossimo arresto; Maura di Genova – tramite Rumble – sostiene che la certificatrice dei voti nel Michigan sia stata arrestata e tradotta immediatamente (addirittura) a Guantanamo; Fulvio di Milano annuncia l’arresto di uno scienziato di Harvard per aver inserito nei vaccini nanoparticelle sensibili al 5G (peccato che l’arresto risalga al gennaio scorso e che l’accusa sia di aver ricevuto finanziamenti dalla Cina senza dichiararli alle autorità statunitensi); Giovanni di Parma trova riferimenti satanici nella croce indossata da Papa Francesco.

Molti post hanno in calce il motto, un po’ da moschettieri del re, adottato dai QAnonisti: WWG1WGA, “where we go one, we go all”.


Alessandra posta anche una serie di finti trailer, prodotti da Q17 (un numero spesso presente nella terminologia QAnon perché è il numero di presidenti che separa le due icone del movimento, JFK e Donald Trump), dove il Padrino è un Biden pedofilo; in una parodia del film “Dalla Russia con amore”, Obama è un James Bond al contrario in “Dal Kenya con odio”; protagonisti del sequel di Split (film su uno psicopatico che rapisce ragazze adolescenti) sono i finanzieri Soros, Rothschild e il principe saudita Al-Waleed; mentre nella riedizione di Lolita i coniugi Bill e Hillary Clinton affiancano un redivivo Jeffrey Epstein; c’è anche una parodia di Star Wars con Trump nei panni di Luke Skywalker mentre guida un gruppo di fedeli piloti (John Durham, William Pelham Barr, Michael Flynn, un resuscitato John Fitzgerald Kennedy e un Julian Assange ignaro di essere stato reclutato) in un attacco contro la Morte Nera, dove sono asserragliati Dart Fener (Nancy Pelosi) e l’ammiraglio Ozzel (Hillary Clinton).




Il meccanismo dei meme

Spigolando per Facebook prima o poi ci si imbatte in meme ispirati a QAnon, che resistono anche mesi, continuamente condivisi e commentati su profili diversi.

Uno di questi è dell’inizio di novembre, quando un avvocato statunitense di origine libanese ha pubblicato sul suo profilo un post – in arabo e inglese – chiaramente ispirato a QAnon: una serie di falsità che legano – in una sorta di catena di Sant’Antonio – il laboratorio cinese di Wuhan alla ditta farmaceutica britannica Glaxo, di qui a quella statunitense Pfizer, poi a BlackRock, la più grande società di investimento nel mondo, per arrivare a George Soros e Bill Gates (che anni fa aveva paventato una nuova pandemia virale).


Il post viene ripreso in molti Paesi e il 12 novembre arriva in Italia in una traduzione adattata dove Bill Gates viene sostituito da riferimenti a Renzi e Grillo, indicati come personaggi legati a Soros. Il post è firmato da un misterioso (e, se esistente, verosimilmente ignaro) Giuseppe Renda, ma viene pubblicato sul profilo di Francesca di Torino; si diffonde rapidamente in Rete e, ancora oggi, viene condiviso e commentato prevalentemente da profili femminili.

Quattro giorni più tardi arriva su Facebook la fedele traduzione italiana del post dell’avvocato americano: viene pubblicato – ricavato da un tweet del movimento Anti-Lockdown – ancora da una donna, non sul proprio profilo, ma postandolo sotto forma di commento su diversi altri account; va da sé che anche questo post viene condiviso e commentato prevalentemente da account femminili.

Certo non bastano questi esempi per affermare che QAnon ha particolare presa nel pubblico femminile, ma la frequenza in cui in questi profili si trovano post riferiti a Bibbiano, ai vaccini che inducono l’autismo nei bambini o addirittura ne modificano il patrimonio genetico, alle minacce alla famiglia tradizionale fa pensare che, mentre il genere maschile sia più propenso a credere al complotto di un’élite finanziaria, quello femminile sia più attivo nel diffondere la teoria QAnon, teoria che si richiama spesso all’istinto materno, sollecitandolo con il presunto dilagare della pedofilia e la minaccia dei vaccini inoculati per controllare o rendere schiavi i propri figli.

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[1] L’effetto Streisand è la diffusione vasta e incontrollabile di un'informazione, in particolare nella Rete, come effetto del tentativo da parte di qualcuno di nasconderla. Il nome deriva da un fatto avvenuto nel 2003: l'attrice e cantante Barbra Streisand, a difesa della sua privacy, fece causa a una serie di soggetti per ottenere un cospicuo risarcimento e la rimozione da un sito internet di una fotografia che raffigurava la villa dell'attrice a Malibù, in California. La diffusione della voce circa la denuncia produsse in Rete l'effetto di pubblicizzare in misura straordinaria l'immagine che Barbra Streisand desiderava fosse rimossa.

Per chi fosse interessato ad approfondire gli aspetti di QAnon e i motivi del suo successo, si segnalano: “ Il complotto di QAnon: perché funziona?” su Query, la rivista ufficiale del CICAP (il Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze) e l’inchiesta “ Il mondo di QAnon: come entrarci, perché uscirne” a cura di Wu Ming 1, alias Roberto Bui, pubblicata in due parti sull’Huffington Post.


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