La garanzia del lavoro costa molto meno della disoccupazione



Una politica coraggiosa che, prendendo spunto dal New Deal rooseveltiano, consenta non solo di superare la crisi, ma anche di uscirne meglio



Pavlina R. Tcherneva è un’economista post-keynesiana oggi fra i più autorevoli esponenti, con Stephanie Kelton, della Modern Monetary Theory (MMT, Teoria monetaria moderna), una teoria economica nata alla fine degli anni Ottanta del secolo scorso come proposta di copertura finanziaria al programma di riduzione delle emissioni di gas serra previsto dai Protocolli di Kyoto. La MMT, ispirandosi alla politica del New Deal con cui il presidente Roosevelt affrontò con successo la Grande Depressione degli anni Trenta, prevede un grande piano di investimenti pubblici finanziato dall’emissione di massicce quantità di denaro, quindi aumentando considerevolmente il debito pubblico. La teoria prevede anche che questa massiccia immissione di liquidità nel sistema economico non provochi necessariamente né inflazione né svalutazione della moneta; gli economisti della MMT stimano poi che la crescita economica innescata dagli investimenti pubblici consenta di ridimensionare in un secondo momento il deficit pubblico generato dalle spese a debito grazie all’aumento delle entrate fiscali conseguenti alla crescita economica.

La Teoria Monetaria Moderna è oggi conosciuta e apprezzata negli Stati Uniti grazie a Bernie Sanders che l’ha posta alla base del suo programma economico nelle ultime due primarie democratiche per le elezioni presidenziali (Stephanie Kelton è stata responsabile economica della sua prima campagna e Pavlina R. Tcherneva è oggi sua consulente al Senato) e soprattutto grazie ad Alexandria Ocasio-Cortez che ha posto la MMT alla base del Green New Deal.

La MMT non prevede alcuna forma di reddito di base (basic income) in quanto la garanzia del lavoro (job guarantee), resa possibile dal programma di investimenti pubblici, consente allo Stato di assumere lavoratori disoccupati come datore di lavoro di ultima istanza; assicura a ciascuno un reddito dignitoso e porta alla piena occupazione mantenendo la stabilità dei prezzi (cosa impossibile per la teoria keynesiana classica, secondo la quale il livello di occupazione non dipende dal mercato del lavoro, ma da fattori esterni come il livello di domanda aggregata, cioè l'effettiva domanda di beni e servizi da parte del sistema economico nel suo complesso). La job guarantee è infatti una proposta di politica economica che mira a fornire una soluzione definitiva (perché permanente) e sostenibile al duplice problema dell'inflazione e della disoccupazione.

Per introdurre la sua proposta di garanzia del lavoro come strumento per superare l’attuale crisi economica post Covid-19, Tcherneva parte da un interessante excursus storico sull’articolazione del New Deal rooseveltiano, illustrandone anche aspetti meno noti, come le biblioteche popolari portate nei più sperduti villaggi degli Stati Uniti da giovani bibliotecarie a cavallo.

Nel momento in cui scrive il tasso di disoccupazione negli Stati Uniti è molto alto (10,2%) , anche se in riduzione dal picco raggiunto a marzo come conseguenza della pandemia (14,7%, con un aumento esponenziale rispetto al 4,4% del mese precedente e la perdita di oltre 30 milioni di posti di lavoro). Quasi 33 milioni di lavoratori negli Stati Uniti, su una popolazione di 330 milioni di abitanti, ricevevano un sussidio di disoccupazione. Il governo federale era intervenuto mettendo a disposizione un primo pacchetto di 260 miliardi di dollari a favore dell’ Unemployment Insurance, il sistema di previdenza sociale normalmente finanziato da contributi sociali a carico dei datori di lavoro, e nei mesi successivi garantirà fondi integrativi per mille miliardi di dollari.

La critica di Tcherneva al sostegno federale dell’occupazione si basa soprattutto sul connotato emergenziale e non strutturale dell’intervento: l’aumento delle risorse dell’Unemployment Insurance era infatti parte del Coronavirus Aid, Relief, and Economic Security Act (CARES Act), un pacchetto emergenziale di 2.300 miliardi di dollari (pari all'11% del PIL statunitense), il più ampio della storia americana, varato dal presidente Trump alla fine di marzo.

Secondo Pavlina R. Tcherneva, rendere permanente il programma per la garanzia di lavoro costerebbe, a prezzi correnti, circa 280 miliardi di dollari (l’1,3% del PIL) l’anno, ma darebbe direttamente lavoro a 15 milioni di lavoratori e ad altri 3-4 nel settore privato, facendo crescere il PIL annuo di 560 miliardi di dollari (2,6%), cioè il doppio di quanto speso.

Prendendo spunto dalla crisi del debito pubblico greco del 2015 Pavlina R. Tcherneva ha sostenuto che la ricetta della job guarantee sia applicabile anche all’Eurozona. In un saggio pubblicato su una rivista spagnola nel marzo dell’anno scorso, Tcherneva e gli economisti europei Esteban Cruz-Hidalgo e Dirk H. Ehnts avevano proposto l’emissione di Treasury Bond (T-Bond), titoli a lungo termine con scadenze di 30 anni e cedole semestrali a tasso di interesse fisso, per finanziare un programma di garanzia del lavoro che potesse eliminare la disoccupazione, frutto di dieci anni di crisi, migliorare la stabilità dei prezzi e favorire l'integrazione sociale ed economica in tutta Europa.

Questo ambizioso progetto è stato ripreso, ma in una versione assai più ridotta (anche in questo caso una misura temporanea e non permanente, con un impegno di soli 100 miliardi di euro), dalla Commissione Europea con l’iniziativa SURE (temporary Support to mitigate Unemployment Risks in an Emergency, Sostegno temporaneo per attenuare i rischi di disoccupazione in un'emergenza) nell’ambito del più complessivo piano per la ripresa dell'Europa Next Generation EU.

Si tratta di un primo passo importante - unito all’introduzione in tutti i Paesi membri di un salario minimo, impegno recentemente preso da Ursula von der Leyen a nome della Commissione europea nel suo discorso sullo Stato dell’Unione - ma il sostegno all’occupazione e la garanzia di un reddito dignitoso per tutti dovrebbero divenire un obiettivo permanente delle istituzioni europee. Probabilmente l’attivazione di una garanzia del lavoro incontrerebbe meno obiezioni rispetto all’introduzione di un reddito di base incondizionato; basti ricordare le polemiche suscitate in Italia dal reddito di cittadinanza con l’evocazione del popolo sdraiato sul divano, tanto più che questa misura ha certamente migliorato le condizioni di vita di una buona parte della popolazione marginale, ma non ha avuto praticamente alcun effetto sul tasso di occupazione.

Infine l’eventuale adozione di un piano per la creazione di posti di lavoro nel settore della tutela ambientale e della lotta al cambiamento climatico, oltre a poter essere finanziato da una parte di quel 37% di risorse finanziarie del Next Generation EU riservate agli investimenti verdi, espliciterebbe lo stretto legame esistente tra transizione ecologica e giustizia sociale.

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A Job Guarantee Costs Far Less Than Unemployment

The Bold Policy for Not Just Weathering the Crisis, but Coming Out Better


di Pavlina R. Tcherneva

22 luglio 2020 – Foreign Affairs

Decine di disoccupati fanno la fila fuori da un centro di orientamento professionale a Frankfort, Kentucky, giugno 2020  - Bryan Woolston / Reuters

Nel 1944 il presidente Franklin Roosevelt ammonì: "Le persone affamate e senza lavoro sono la materia di cui sono fatte le dittature".

Da questo punto di vista, le prospettive per le democrazie di tutto il mondo appaiono particolarmente cupe. Negli Stati Uniti, la crisi della COVID-19 ha messo in luce patologie economiche che includono la disuguaglianza razziale, l'incarcerazione di massa e problemi pervasivi nel mercato del lavoro. I lavoratori americani vivono in condizioni di povertà, sopportano condizioni di lavoro pericolose, subiscono discriminazioni e ricevono protezioni inadeguate. Peggio ancora, devono affrontare una minaccia perenne di disoccupazione che non può più essere ignorata.

Quasi 33 milioni di lavoratori negli Stati Uniti ricevono un'assicurazione contro la disoccupazione come conseguenza della pandemia, mentre la metà degli americani a basso reddito ha perso il lavoro e il salario a causa della COVID-19. Il mercato del lavoro è sempre stato un crudele gioco delle sedie (dove manca sempre un posto su cui sedersi quando si interrompe la musica), ma lo è ancora di più oggi, visto che milioni di persone devono affrontare tassi di disoccupazione mai visti nel dopoguerra. La disoccupazione persistente (anche nelle economie "buone") incoraggia le imprese a tagliare i salari e le indennità e serve ad affollare i lavoratori in posti di lavoro precari e malpagati. Finché incombe il fantasma della disoccupazione, i posti di lavoro buoni non torneranno.

Il momento attuale richiede un pensiero audace come quello che gli Stati Uniti non hanno osato fare dopo il New Deal. Roosevelt ha risposto alla calamità economica del suo tempo, la Grande Depressione e una seconda, devastante guerra mondiale, con politiche economiche di vasta portata e la richiesta di quello che ha chiamato un secondo Bill of Rights, progettato per ottenere la sicurezza economica di base per tutte le persone in ogni momento. Il principale tra i diritti da lui enumerati era il diritto a un lavoro. Oggi, una proposta di garanzia federale del lavoro, fondata sulla stessa logica, è particolarmente promettente per la ripresa della nazione.

La garanzia del lavoro è un'opzione pubblica per i posti di lavoro: un programma permanente, finanziato a livello federale, ma amministrato a livello locale, che offrirebbe opportunità di lavoro volontario in servizi pubblici a chiunque lo voglia. L'ambizione di garantire il diritto al lavoro a tutte le persone attraverso la politica non è una novità. La Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo afferma il diritto al lavoro, un diritto che è impresso nelle costituzioni di molte nazioni ma il cui mandato rimane insoddisfatto. I leader dei diritti civili negli Stati Uniti, tra cui Martin Luther King, Jr. e Coretta Scott King, hanno fatto del diritto al lavoro una questione distintiva, con la motivazione che assicurarlo contribuirebbe a rimuovere l'insicurezza economica come strumento di sottomissione razziale. Gli architetti dell’Employment Act del 1946 e del Full Employment and Balanced Growth Act del 1978 hanno tentato, ma alla fine non ci sono riusciti, di assicurare tale diritto con la politica e la legislazione. Oggi è diventato un pilastro del Green New Deal .

Poiché gli Stati Uniti si trovano ad affrontare una ripresa lunga e in salita dalla pandemia COVID-19, farebbero bene a prendere in considerazione una misura che possa mettere la sua gente al lavoro, con un salario sufficiente per vivere, a beneficio di tutti. Ma una garanzia di lavoro non è una misura di crisi: deve essere una politica permanente, perché la disoccupazione devasta le comunità anche quando le economie sono relativamente forti. La garanzia riconoscerebbe per legge il diritto a un lavoro dignitoso per chiunque sia in età lavorativa, indipendentemente dallo status del mercato del lavoro, dalla razza, dal sesso, dal colore o dal credo. Non solo, offrirebbe un'occupazione su richiesta per progetti di servizio di pubblica utilità, ma stabilirebbe standard molto vincolanti per i salari e le condizioni di lavoro in tutti i posti di lavoro e contribuirebbe persino a tenere lontana la minaccia del cambiamento climatico.

Un buon lavoro verde

Mille donne a cavallo: erano le vagabonde bibliotecarie del New Deal che, a partire dal 1935, portarono libri e allestirono biblioteche in alcune delle zone più remote del Kentucky. Le donne cavalcavano attraverso 29 contee, a volte per più di 100 miglia al giorno. E dove il terreno era difficile, scendevano da cavallo e portavano i libri a piedi. Il loro impatto è stato di grande portata. Come ha detto uno dei destinatari: "Quei libri che ci hai portato ci hanno salvato la vita".

I progetti della biblioteca della Works Progress Administration (WPA, Amministrazione per il Progresso dei Lavori), che ha servito 45 stati e ha dato lavoro a 14.500 persone, hanno aiutato ad affrontare due problemi contemporaneamente: la disoccupazione e l'analfabetismo. Le donne disoccupate, "non qualificate", hanno fornito un'opzione di biblioteca pubblica ad alcune delle regioni più remote della nazione in un periodo in cui la maggior parte delle biblioteche era finanziata principalmente da privati e la maggior parte delle persone non aveva accesso ai libri. Alla fine il progetto ha prodotto qualcosa che gli americani oggi considerano un elemento permanente della vita sociale: le biblioteche pubbliche in ogni angolo del paese.

Con l’introduzione della garanzia del lavoro,
tutti i lavori che affrontano l'indigenza e l'incuria,
sia delle persone che del pianeta,
sono da considerarsi verdi.

Il New Deal ha visto milioni di persone assunte per progetti i cui effetti duraturi sono ben documentati. Il lavoro ambientale dell'epoca ha avuto particolare successo: i lavoratori di quello che è diventato noto come " Tree Army" hanno piantato 3 miliardi di alberi, creato e risistemato 711 parchi statali, costruito 125.000 miglia di sentieri, sviluppato 800 nuovi parchi statali, controllato l'erosione del suolo su 40 milioni di acri di terreno agricolo, migliorato le condizioni di pascolo sulle aree pubbliche e aumentato la popolazione della fauna selvatica. Questi progetti hanno dato nuova vita al movimento per la conservazione degli Stati Uniti, il precursore dell'attivismo climatico di oggi.

Le comunità americane di oggi si confrontano con la disoccupazione in aumento, l'abbandono sociale e una crisi climatica di proporzioni planetarie. Impiegare i disoccupati in un programma che affronti la minaccia ambientale potrebbe creare milioni di posti di lavoro nei servizi pubblici per gli anni a venire: la piantumazione di alberi urbani, la rimozione dei rifiuti pericolosi, la prevenzione degli incendi, il controllo delle inondazioni, l'erosione del suolo e le soluzioni per il deflusso delle acque sono solo alcuni esempi dell'urgente lavoro ambientale da fare. Ma i programmi pubblici possono anche offrire lavori di assistenza che l'economia privata tende a sottopagare, sottovalutare e ignorare (per esempio, assistenza all'infanzia, assistenza agli anziani e programmi speciali per i veterani e i giovani a rischio).Con l’introduzione della garanzia del lavoro, tutti i lavori che affrontano l'indigenza e l'incuria, sia delle persone che del pianeta, sono da considerarsi verdi.

Non può esistere un salario minimo senza lavoro

In pochi anni (1933-38), Roosevelt attuò politiche che all'epoca erano veramente innovative. Immaginate gli Stati Uniti senza salari minimi, giorno di riposo settimanale obbligatorio, contrattazione collettiva, assicurazione contro la disoccupazione e previdenza sociale. Ma il Paese non garantiva a tutti il diritto a un lavoro dignitoso e così le sue prime leggi sul lavoro furono costruite su fondamenta deboli. La minaccia del licenziamento incombeva in ogni trattativa tra sindacati e imprese. I datori di lavoro potevano facilmente esternalizzare i posti di lavoro e assumere manodopera migrante a basso costo. L'insicurezza del lavoro ha rotto il contratto sociale del dopoguerra, ha eroso la solidarietà sul posto di lavoro e ha contribuito a far fallire i sindacati, poiché le imprese consideravano la minaccia della disoccupazione sui propri lavoratori un utile strumento.

L’opinione comune accetta la disoccupazione come un inevitabile danno collaterale delle fluttuazioni economiche, del commercio e degli shock, come le pandemie e le crisi finanziarie. Ma i costi sociali di questo status quo sono sconcertanti. I disoccupati spesso subiscono perdite permanenti di reddito, problemi di salute fisica e mentale e un aumento della mortalità. I loro coniugi e i loro figli soffrono di una riduzione delle prospettive di salute e di istruzione. La criminalità, i senzatetto, la recidiva nel commettere reati e l'instabilità politica sono fortemente correlati alla disoccupazione. La garanzia del posto di lavoro eviterebbe molti di questi esiti e fornirebbe uno standard minimo per tutti i posti di lavoro, compreso un solido livello salariale.

Senza la garanzia di un lavoro,
il salario minimo effettivo
per chi cerca un’occupazione,
ma non riesce a trovarla, è pari a zero.

La strada per stabilire uno standard di lavoro è stata lunga. Quando Roosevelt chiese a Frances Perkins di ricoprire la carica di Segretario del Lavoro, Perkins accettò a condizione che il Presidente sostenesse un salario minimo federale, una riduzione della settimana lavorativa e un programma rinnovato per l'impiego nei servizi pubblici (tra le altre leggi innovative). La settimana lavorativa di 40 ore che ha contribuito a far passare è stata un compromesso: un disegno di legge molto popolare per 30 ore fu sconfitto di poco. Il salario minimo per il quale si è battuta non è stato esteso a tutti i lavoratori, e nel corso dei decenni successivi non è comunque riuscito a tenere il passo con il costo della vita. Più del 40 per cento dei lavoratori negli Stati Uniti guadagna meno di 15 dollari l'ora e una campagna per aumentare il salario minimo ha fatto lenti progressi nella legislazione dei singoli Stati.

È necessaria un'azione federale più incisiva. Senza la garanzia di un lavoro, il salario minimo effettivo per chi cerca un’occupazione, ma non riesce a trovarla, è pari a zero. La garanzia del lavoro contribuirebbe ad assicurare un vero e proprio pacchetto di salario minimo e di prestazioni previdenziali e stabilirebbe orari e condizioni di lavoro standardizzati, perché eliminerebbe la disoccupazione e offrirebbe un'alternativa ai posti di lavoro instabili che offrono un salario di mera sussistenza. In effetti, i datori di lavoro che pagano un salario di sussistenza sarebbero invogliati a eguagliare o anche a superare salario e prestazioni previdenziali inclusi nel progetto di garanzia del lavoro se volessero trattenere i lavoratori. Ma questo non sarebbe difficile da fare, perché anche queste imprese prospererebbero in un'economia più forte e stabile.

La nostra ricerca al Levy Economics Institute dimostra che un ampio programma di garanzia del lavoro, che impieghi 15 milioni di persone a 15 dollari l'ora oltre alle indennità, darebbe una spinta permanente alla crescita economica per 550 miliardi di dollari (più del 2,5% del PIL) e genererebbe da tre a quattro milioni di posti di lavoro nel settore privato, senza causare inflazione. Fornirebbe un notevole sollievo ai bilanci statali e ridurrebbe la spesa sociale complessiva per altri programmi. Il costo? Solo l'1,3% del PIL – non è un prezzo elevato da pagare per la piena occupazione, la stabilità dei prezzi e la sicurezza economica. Le ricadute di COVID-19 potrebbero richiedere che il programma sia più grande di quanto previsto in precedenza, ma una cosa è certa: in un modo o nell'altro, il governo e la società pagheranno la disoccupazione. La questione è come: se fornendo opportunità di lavoro dignitose o sostenendo un'economia in cui masse di persone rimangono disoccupate.

La disoccupazione non è inevitabile

I programmi inclusi nel New Deal portarono un enorme cambiamento nella vita degli americani. Come ha notato il professore di legge ed economia della Rutgers University Philip Harvey, l'Amministrazione dei Lavori Civili, pur di breve durata, è stata così popolare che i lavoratori hanno iniziato a considerare i posti di lavoro e i progetti che offriva come opportunità che il governo doveva loro. La principale opposizione al programma venne dai datori di lavoro razzisti e dai agricoltori del Sud, che volevano poter pagare i lavoratori - soprattutto i lavoratori neri e immigrati - con salari di sussistenza. Ma come ha notato Harvey, il programma era così popolare che sia Roosevelt che il suo direttore del Bilancio, il conservatore Lewis Douglas (che non amava la Civil Works Administration), credevano che se avessero nuovamente autorizzato il programma, non sarebbero mai stati in grado di porvi fine.

Oggi, i sondaggi riguardanti la garanzia del lavoro sono estremamente positivi tra gli americani, anche negli stati conservatori. È una delle rare politiche che gode di un ampio sostegno bipartisan e la sua popolarità si estende anche oltre i confini degli Stati Uniti.

Forse questa politica deve la popolarità alla sua logica di fondo: garantire il diritto al lavoro significa rifiutare fondamentalmente l'idea che persone in difficoltà economica, comunità degradate e ambiente in pericolo siano gli inevitabili effetti collaterali di un'economia di mercato. Mentre il mondo si confronta con le gravi conseguenze della COVID-19, sarebbe meglio che si vaccinasse contro gli effetti devastanti della disoccupazione di massa. Una garanzia di lavoro sarebbe un passo atteso da tempo sulla strada della giustizia economica e sociale.

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Pavlina R. Tcherneva è Docente Associata di Economia al Bard College, ricercatrice presso il Levy Economics Institute e autrice di The Case for a Job Guarantee (Boston, 2020), da cui è tratto questo saggio. La si può seguire su Twitter @ptcherneva

Nell’immagine di apertura Pavlina R. Tcherneva nel suo studio e un gruppo di "donne del libro" a cavallo a Hindman, Kentucky, 1940. (fonte: Biblioteca e Archivi del Kentucky). L'iniziativa dellaPack Horse Library faceva parte della Works Progress Administration (WPA) promossa dal presidente Franklin Delano Roosevelt per aiutare l'America a uscire dalla Grande Depressione



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