L’indicibile verità
L'Olocausto non è mai accaduto.
Il pianeta non si sta riscaldando.
I vaccini fanno male ai bambini.
L’uomo non è mai stato sulla Luna.
L'AIDS non esiste. La Terra è piatta.
L'indicibile verità è un’espressione tratta dal titolo di un libro del sociologo inglese Keith Kahn-Harris, Denial: The Unspeakable Truth che affronta il problema del negazionismo.
Il negazionismo rappresenta una minaccia insidiosa e assai pericolosa per la società, sia perché ha dietro di sé lobby e istituzioni che lo finanziano generosamente, perché Internet e, soprattutto, i social media funzionano come sua cassa di risonanza, perché si diffonde in molte parti del pianeta grazie anche al supporto dei suprematisti bianchi e degli evangelici pentecostali, ma soprattutto perché il negazionismo non è solo una negazione. Il negazionismo, infatti, non si limita a rimuovere la realtà, ma la sostituisce con una alternativa. Kahn-Harris si chiede cosa si nasconda dietro la costruzione di questa nuova realtà; non si propone di scardinare le argomentazioni dei negazionisti, ma di indagare su quali sono le loro motivazioni e i loro obiettivi, celati dietro le loro argomentazioni.
In un mondo di " false notizie" e "post-verità", è davvero così improbabile la vittoria dell’indicibile verità celata dalla menzogna del negazionismo? È davvero così improbabile che il nostro mondo, con i suoi valori, possa essere sostituito in un futuro più o meno prossimo da un altro mondo, con i suoi dis-valori?
Inoltre, com’è possibile che il negazionismo abbia oggi così successo e si diffonda così rapidamente? Salvatore Settis, scrivendo sul negazionismo legato all’attuale pandemia, ne dà una spiegazione sociologica, introducendo il concetto di incredulità post-moderna che "presuppone la tendenza a relativizzare il valore della conoscenza, anche se obiettiva e scientifica, e la riduzione della storia a narrazione, da decostruire frantumandola in atomi staccati l’un dall’altro, ciascuno dei quali da solo non vale nulla. Secondo questa visione del mondo, gli interessi e gli scopi del narrante orientano l’uso dei dati, e dunque due narrazioni opposte degli stessi eventi possono essere egualmente attendibili.” Il successo dell’incredulità post-moderna risiede quindi nel fatto che “non prende posizione contro la scienza: piuttosto, la svilisce a narrazione, contrapponendole un’altra scienza a uso proprio.”
Ne consegue che la pericolosità del negazionismo sta nella sua semplicità ascientifica. Non ha bisogno di portare prove a sostegno delle sue tesi, anzi gli basta l’assenza delle prove: se non esiste nessun documento firmato da Adolf Hitler che ordina lo sterminio degli ebrei, ciò dimostra che l’Olocausto non è mai avvenuto, che i sei milioni di ebrei uccisi dai nazisti nei campi di sterminio erano, in realtà, solo poche migliaia di deportati morti naturalmente di stenti e malattie.
La prima, grande negazione della Storia del XX secolo è stata infatti la negazione dell’Olocausto, supportata da organizzazioni revisioniste di estrema destra come lo statunitense Institute for Historical Review (IHR) e sostenuta da studiosi come l’italiano Carlo Mattogno, il francese Robert Faurisson e l’inglese David Irving.
Qui si manifestano chiaramente due caratteristiche proprie del negazionismo. Da una parte la già ricordata pretesa di costruire una realtà alternativa senza portare prove a sostegno, anzi rovesciando sui loro avversari l’onere della prova. Lo storico militare David Irving poteva sostenere che le camere a gas non erano mai esistite e che quella ricostruita ad Auschwitz dall’esercito russo che aveva liberato il campo era una mistificazione comunista, non portando prove documentali a sostegno di questa sua arbitraria e antistorica ricostruzione, ma arrivando a sfidare i suoi avversari a provare il contrario.
È quanto accadde nel 1996, allorché Irving denunciò per diffamazione la storica statunitense Deborah Lipstadt, la quale nel suo libro Denying the Holocaust lo aveva definito “negazionista” e “falsificatore” (l’immagine di apertura di questo articolo è un fotogramma tratto dal film Denial. La verità negata dedicato alla vicenda): fu Lipstadt – in una causa che si protrasse per quattro anni – a dover dimostrare che le camere a gas erano esistite e non erano docce per la disinfezione dei deportati e che i fori nel soffitto degli stanzoni servivano per l’immissione del letale gas nervino Zyklon B.
L’assoluzione di Deborah Lipstadt fu il primo caso in cui un tribunale – e non solo la Storia – sancì che il negazionismo era una menzogna.
La seconda caratteristica evidenziata dalla negazione dell’Olocausto è la sua manifesta componente politica, non necessariamente filo-nazista (come nel caso di Irving), ma anche antirussa o antisionista.
Il negazionista Faurisson nel suo Mémoire en défense contre ceux qui m’accusent de falsifier l’histoire. La question des chambres à gaz si difende dall’accusa di falsificare la Storia e la ribalta verso i suoi avversari: è il movimento sionista che ha avuto interesse all’invenzione della Shoah in modo da sfruttare il senso di colpa delle potenze occidentali sullo sterminio del popolo ebraico per raggiungere l’obiettivo di vedere riconosciuta una patria in Palestina per i sopravvissuti e per il popolo ebraico tutto.
Forse per questo un linguista anarchico come Noam Chomsky - ebreo, ma convinto antisionista – accettò di scrivere l’introduzione del libro di Faurisson, difendendo il suo diritto alla libertà di espressione e negando che il suo autore fosse negazionista, ma semplicemente “una specie di liberal relativamente apolitico”. Ovviamente Chomsky non negava affatto la Shoah, ma si associa ugualmente a Faurisson nella sua polemica contro il comune avversario sionista.
Di un ulteriore, impressionante episodio di falsificazione della Storia sull’Olocausto, è stato protagonista il premier israeliano Benjamin Netanyahu: in un discorso pronunciato il 21 ottobre 2015 al Congresso Mondiale Sionista tenutosi a Gerusalemme aveva detto che Adolf Hitler voleva solo deportare gli ebrei e non aveva intenzione di sterminarli, ma che la cosiddetta “soluzione finale” gli era stata suggerita dal Gran Mufti di Gerusalemme Haj Amin Al-Husseini. Il negazionismo, in questo caso, non riguardava l’esistenza dello sterminio, ma il suo ideatore, identificato nel Gran Mufti, chiaramente in chiave anti-araba. In seguito Netanyahu, dopo che gli storici avevano dimostrato l’infondatezza della sua tesi, ritrattò l’affermazione con un tweet, ma ormai il suo obiettivo politico era stato raggiunto.
Il secondo importante episodio di negazionismo nel secolo scorso è la negazione dello sbarco sulla Luna, sulla base dell’affermazione che la tecnologia degli anni Sessanta non avrebbe consentito l’avventura spaziale: il filmato della NASA diffuso in tutto il mondo era in realtà, per i negazionisti, una sequenza cinematografica ripresa in un set sulla Terra dove era stato riprodotto un preteso ambiente lunare. La teoria del complotto lunare trasformava gli astronauti Neil Armstrong e Buzz Aldrin in attori e si arrivò al punto di ipotizzare il coinvolgimento del regista Stanley Kubrick, autore del celeberrimo 2001 Odissea nello Spazio, nella simulazione dei finti allunaggi.
La teoria nasce come semplice negazione: gli Stati Uniti non sono stati sulla Luna, ma se ne sono attribuiti il merito nell'ambito della guerra fredda, dove l'URSS aveva ottenuto un successo con Gagarin, il primo uomo a volare nello Spazio nel 1961. Non avendo le capacità tecniche di raggiungere davvero il satellite, il governo degli Stati Uniti avrebbe simulato la conquista della Luna per segnare un punto decisivo a suo favore nella corsa allo Spazio impegnata con l’URSS. La negazione dell’avventura lunare ebbe una certa diffusione, tanto che fu alla base della sceneggiatura di un film di una decina d’anni dopo, Capricorn One, dove a essere simulato in uno studio cinematografico era lo sbarco su Marte.
Solo anni dopo l’affermazione che l’uomo non fosse mai stato sulla Luna divenne negazionismo, costituendo la base su cui costruire una realtà diversa da quella descritta dalla scienza ufficiale. Secondo i negazionisti le immagini provenienti dallo spazio, che dimostravano inequivocabilmente la sfericità del nostro Pianeta, erano state grossolanamente falsificate; erano cioè una manipolazione per fornire evidenza scientifica alla Terra tonda rispetto alla più intuitiva teoria della Terra piatta. Quindi, anche in questo caso il negazionismo nascondeva un secondo fine, una indicibile verità: negare la veridicità delle immagini trasmesse dall’Apollo 11 permetteva di contestare anche quelle che mostravano chiaramente la curvatura della superficie terrestre. Negare l’avventura lunare consentiva l’affermazione della rivoluzionaria teoria che la Terra sia in realtà… piatta.
Se si escludono le immagini riprese dallo Spazio, infatti, è impossibile vedere la curvatura della Terra: anche da un punto elevato all’interno dell’atmosfera terrestre, come può essere l’oblò di un aeroplano, non risulta immediatamente evidente la curvatura della superficie del Pianeta.
Il terrapiattismo, che rappresenta la superficie terrestre come un disco con al centro il polo nord e l’Antartide a cingerne i bordi, ha avuto un sorprendente successo, soprattutto nelle Americhe, ma ciò non è tanto dovuto al fatto che sia più o meno convincente scientificamente o rassicurante, o ancora che la conseguente e necessaria adozione di un modello geocentrico più intuitivo di quello eliocentrico sia più gratificante per l’autostima della specie umana, posta al centro dell’Universo.
L’indicibile verità è che questa bizzarra teoria è funzionale alla diffusione del movimento fondamentalista evangelico, che si basa su una cieca esegesi delle Sacre Scritture e sull’interpretazione dei grandi eventi luttuosi contemporanei come segni del compimento delle profezie apocalittiche bibliche. Per gli evangelical, che dall’iniziale radicamento negli Stati Uniti si sono diffusi prepotentemente negli ultimi anni in quasi tutto il Sudamerica, gli eventi catastrofici come inondazioni, terremoti e uragani sono manifestazioni del disegno divino di un’imminente fine del mondo e non effetti del cambiamento climatico; ne consegue che il mondo scientifico fa parte di un complotto per nascondere alle popolazioni la vera verità. E il rigetto della scienza in quanto falsificatrice della realtà non può che riguardare, oltre al climate change, anche la sfericità della Terra. Non stupisce quindi che nel Paese dove gli evangelici si sono maggiormente diffusi ai danni del tradizionale cattolicesimo, il Brasile, quasi un brasiliano su dieci – oltre quindici milioni secondo recenti sondaggi – sia convinto che la Terra sia piatta.
Come paventa Kahn-Harris, il messaggio dei terrapiattisti e dei teorici del complotto della scienza ufficiale viene amplificato potentemente dalla Rete. I fondamentalisti evangelici non utilizzano soltanto i social media, ma hanno anche un canale YouTube con cui diffondere le loro teorie, il brasiliano Ciencia de Verdade, che conta quasi 400 mila iscritti.
Il negazionismo antiscientista non può certo limitarsi al cambiamento climatico e alla sfericità della Terra e trova il suo campo elettivo di attività in ambito medico.
Ovviamente il primo bersaglio sono state le malattie infettive. Fra queste ultime, la prima oggetto di un attacco antiscientista fu l’AIDS quarant’anni fa, ma si trattò, almeno inizialmente, di una negazione e non di un vero e proprio negazionismo, sebbene non meno pericolosa quanto alle sue ricadute sulla diffusione dell’infezione.
Il fatto che i media presentassero l’AIDS come una malattia che colpiva esclusivamente omosessuali maschi o tossicodipendenti – in realtà solo soggetti più a rischio di contrarre l’infezione – portò per reazione alcune associazioni LGTB a negarne l’esistenza e il resto della popolazione a sottovalutarne i rischi.
A questo atteggiamento si aggiunse la contestazione – durata fino a tempi recenti – da parte di alcuni scienziati della correlazione fra il retrovirus HIV, isolato separatamente da Robert Gallo e Luc Montagnier all’inizio degli anni Ottanta in alcune persone infette, e l’insorgenza dell’AIDS.
Il più famoso scienziato a negare l’eziologia dell’AIDS, cioè l’individuazione dell’HIV come causa della malattia, fu il microbiologo Peter Duesberg che nel suo libro, Inventing the AIDS virus, pubblicato nel 2004, sostenne l’innocuità dell’HIV e che l’AIDS fosse un’invenzione, perché in realtà raggruppava patologie diverse non necessariamente di origine virale.
Soprattutto negli ultimi vent’anni molte sono state le malattie infettive di cui è stata negata l’esistenza o, variante spesso presente nella teoria complottista, si è affermato siano create e diffuse da poteri occulti, oppure ancora che si sia trattato di armi biologiche prodotte in laboratori segreti e sfuggite al controllo (ogni riferimento alle tante ipotesi sulle vere origini della pandemia Covid-19 è ovviamente voluto). E qual è il motivo del procurato allarme sulla pericolosità di un virus che si trasmette alla popolazione? Ovviamente spingerla a ricorrere a un vaccino per proteggersi, vaccino che – sostengono i negazionisti – è dannoso per la salute e può nascondere insidie anche più pericolose.
Si va infatti da affermazioni pseudo-scientifiche sulla correlazione fra vaccinazione e insorgenza dell’autismo nei bambini vaccinati a ipotesi più fantasiose e compiutamente complottiste: con il vaccino vengono iniettate sostanze che portano alla femminilizzazione della popolazione maschile; si possono impiantare microchip sottocutanei in grado di ridurre, con il controllo della fertilità, la popolazione mondiale; l’applicazione di cerotti con microaghi che rilascino lentamente il vaccino nasconde la realizzazione di “tatuaggi quantici”, invisibili a occhio nudo ma leggibili da appositi dispositivi, in grado di violare la privacy della persona vaccinata, ecc.
Il popolo dei no-vax è cresciuto notevolmente negli ultimi anni, anche grazie alle teorie diffuse da Internet. La rete è popolata non solo da ciarlatani e da creduloni, ma anche da persone e organizzazioni assai abili a rendere credibile il complotto di un’élite politico-finanziaria per assoggettare – fisicamente e psicologicamente – il popolo ai propri fini.
Un’élite particolarmente attiva nell’invenzione, di concerto con molti governi e organizzazioni sanitarie, della recente pandemia di Covid-19 e nella ricerca di vaccini, inutili a fin sanitari, ma necessari per la realizzazione del grande complotto di controllo mondiale.
In Italia il negazionismo ha assunto sia le vesti sguaiate e pittoresche, ma non per questo meno pericolose, del movimento arancione guidato dall’ex generale Antonio Pappalardo – già negli anni scorsi alla testa del movimento dei Forconi e della cosiddetta rivolta dei TIR – sia le più sobrie vesti del convegno pseudo-scientifico, come quello tenutosi al Senato lo scorso 27 luglio.
All'incontro dal titolo un po' pretestuoso di Covid-19 in Italia, tra informazione scienza e Diritti, organizzato dai parlamentari Vittorio Sgarbi e Armando Siri, hanno partecipato artisti, politici, filosofi, giornalisti, giuristi e medici non solo per contrapporre la loro narrazione sul Covid a quella governativa, ma anche con il chiaro obiettivo politico di opporsi alla proroga dello stato di emergenza per la pandemia, approvata il giorno successivo dal parlamento fino al 31 ottobre prossimo.
Per dare al convegno una parvenza di imparzialità e di scientificità, gli organizzatori hanno anche invitato esperti – come il professor Alberto Zangrillo, il virologo Massimo Clementi e la microbiologa Maria Rita Gismondo – che sicuramente non sono negazionisti, ma appartengono a una categoria che si potrebbe definire di ottimisti (“Oggi, benché il virus esista ancora in casi sporadici - ha affermato Gismondo - non dà patologia”).
Nella giornata si sono registrati interventi tutto sommato moderati: una seconda ondata in autunno è una mera ipotesi; l’enfasi data sui nuovi casi positivi è eccessiva perché non tutti i positivi al test sono malati; il bollettino quotidiano dell’ISS, ora che il numero di ricoverati e decessi è fortemente ridotto, alimenta un inutile allarmismo; ulteriori misure di contenimento, oltre che inutili dal punto di vista sanitario, sono deleterie per l’economia…
Ma il negazionismo, con la sua costruzione di una realtà alternativa, è stato pure degnamente rappresentato. Ha introdotto il tema il magistrato Angelo Giorgianni, per il quale il Covid-19 è “un’ingegneria genetica per un colpo di Stato globale”, ma l’indicibile verità sulla pandemia e sulla sua gestione è stata riassunta dall’intervento finale del biologo nutrizionista Franco Trinca. Ha esordito affermando che i diritti fondamentali della persona umana sono stati palesemente violati nella gestione dittatoriale del Covid-19, per poi concentrarsi sul punto centrale della sua teoria: invece di rafforzare l’immunità naturale innata degli individui, si punta esclusivamente sul vaccino OGM predisposto da Bill Gates – “colui che comanda la Sanità mondiale” pur non avendo titoli medici o istituzionali, ma solo i soldi – vaccino che “è eugenetica nazista, perché entra nel sistema genetico dell’essere umano e si trasferisce alla prole e quello che mettono dentro Dio solo lo sa e il Demonio lo sa, cui loro si ispirano!” [1]
Lunedì 27 luglio, data nella quale si è tenuto il convegno, come registrerà l’Istituto Superiore della Sanità il giorno successivo, in Italia ci sono stati 11 decessi per il Covid-19 (sei in più del giorno precedente) e 202 nuovi casi (34 in più).
Dopo questo excursus di settant’anni di storia del negazionismo, siamo tornati al problema posto da Keith Kahn-Harris: in un mondo di " false notizie" e "post-verità", è inevitabile la vittoria della realtà alternativa costruita dal negazionismo? I punti di forza dei negazionisti – la semplicità delle loro ricostruzioni rispetto alla complessità del mondo reale e la loro presunzione di poter fare a meno di prove per affermare le loro teorie – sono contestualmente i loro unici punti di debolezza.
Come dimostra la vittoria di Deborah Lipstadt nella causa intentatale da David Irving, bisogna riuscire a far emergere le contraddizioni della narrazione negazionista, contrapporle prove semplici e inconfutabili, ma – soprattutto – evidenziarne la mala fede, l’intenzionalità nella falsificazione della Storia e nella distruzione della credibilità della Scienza.
Occorre dimostrare che l’indicibile verità non è quella celata alla gente dai loro nemici, ma è quella nascosta nei loro ragionamenti, nella costruzione di improbabili complotti; è la vera motivazione dei loro ragionamenti come delle loro costruzioni: minacciare ed erodere i valori e le caratteristiche fondanti della società, non difenderli da presunti poteri occulti, scienziati manipolatori o falsi filantropi.
Un compito impervio e dall’esito imprevedibile, ma vale la pena impegnarvi ogni nostra risorsa.
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