APP IMMUNI un FLOP Mondiale... Oltre i dati e la privacy il nulla

 


Per settimane e forse anche mesi, nel pieno della pandemia in Italia,
intellettuali, giuristi e giornalisti si sono interrogati su Immuni,
la App italiana per il tracciamento del contagio da Covid-19.


Con un’ordinanza del 16 aprile scorso, il Commissario per l’Emergenza Domenico Arcuri ha disposto la stipula del contratto di concessione gratuita della licenza d’uso sul software di Contact Tracing e di appalto di servizio gratuito con la Bending Spoons spa, la società che ha progettato la APP.

A più di tre mesi dal varo della App, accantonate ma non superate tutte le questioni sulla privacy, i dati, la sicurezza e la capacità della P.A. di controllare e gestire la questione i conti non tornano:

In Italia solo il 13% della popolazione ha scaricato IMMUNI

Il numero perfetto probabilmente non è realistico ma alcune fonti come il Big Data Institute di Oxford indicavano al 20% la percentuale minima necessaria perché si potesse giungere all’obiettivo, mentre altri ponevano l’asticella addirittura al 60% della popolazione.

Ma facciamo un passo indietro.

C’è tutta una organizzazione della quale ancora non si sente parlare e senza la quale però la APP IMMUNI sarebbe solo un simpatico quadratino sul nostro cellulare.

A titolo di esempio mettiamo che qualcuno di noi decida di aderire volontariamente e che quindi sia, come tutti da principio, un semaforo VERDE, cioè presumibilmente non contagiat@/contagios@.

Il nostro semaforo VERDE incontra un semaforo ROSSO e quindi la APP IMMUNI farà scattare l’allerta che ci avverte dell’incontro ravvicinato potenzialmente pericoloso.

La stessa APP, a quel punto, dovrebbe fornirci una serie di coordinate perché, fino a quel momento, almeno così dicono, la nostra identità resta celata e decodificata con un semplice codice alfanumerico (ID).

Logicamente dovremmo contattare tramite la App, sempre dietro nostra richiesta e libera scelta, il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) che raccoglierà i nostri dati per attivare i necessari servizi.

Ci verranno quindi teoricamente fornite informazioni su dove effettuare il tampone (a domicilio o presso strutture dedicate a sospetti Covid-19) e anche quando, perché, è del tutto evidente, che meno tempo passa dall’incontro a rischio, più l’intera operazione ha un senso.

Inoltre, non va dimenticato che, dal momento dell’avviso di allerta attivato dalla APP dovremmo, per precauzione, rimanere a casa in isolamento fiduciario

Dopo il tampone che succede?

Ottenuto il risultato, anch’esso in tempi brevi, si aprono due scenari:

  • Tampone negativo: il SSN dovrebbe avvertire la APP che il semaforo è tornato VERDE e la faccenda si chiude così fino al prossimo evento.
  • Tampone positivo: il SSN dovrebbe avvertire la APP che il semaforo e diventato ROSSO e quindi attivare tutti gli altri semafori che abbiamo incrociato per un tempo superiore ai 15 minuti a meno di 2 metri di distanza.

Con tutta evidenza anche il nucleo familiare dovrebbe essere sottoposto ad accertamenti per valutare se i loro semafori siano VERDI oppure ROSSI.

A quel punto saremo chiamati a rispettare la quarantena, quella vera: NON USCIRE MAI di casa per 15gg, neppure per portare fuori la spazzatura.

Quindi un sistema di assistenza sociale dovrebbe immediatamente prendersi in carico della nostra situazione per valutarne le condizioni sociosanitarie ed economiche.

Potremmo essere soli e/o senza reddito e quindi necessitare non solo di aiuto pratico ma anche economico.

Potremmo avere familiari con esigenze particolari che esigono assistenza, genitori anziani o disabili non autonomi dei quali, il sistema dovrebbe prendersi carico durante la quarantena.

Potremmo anche avere una condizione sanitaria pregressa che necessita di accertamenti e/o assistenza medica e farmaceutica specializzata.

Insomma, il territorio, nelle sue varie Istituzioni ed in TUTTE le Regioni, “dovrebbe” avere una struttura assistenziale ben organizzata e pronta ad intervenire nei diversi scenari possibili

Ma non finisce qui il problema della gestione dell'APP IMMUNI.

L’altra fase è legata direttamente alla malattia con un continuo monitoraggio sull’insorgenza dei sintomi ed eventuali interventi medici più o meno tempestivi e intensivi.  

Una volta terminata la positività (con 2 tamponi negativi consecutivi), si prosegue con la ricerca, tramite i test sierologici, di una eventuale immunizzazione e la sua persistenza nel tempo, facendo diventare il nostro semaforo per sempre VERDE.

Questo potrebbe condurci a rilevare la famosa IMMUNITÀ DI GREGGE che purtroppo recenti informazioni iniziano a mettere in discussione.

Tutti questi meccanismi, e molti altri ancora, sono obbligatori perché la APP IMMUNI produca risultati efficaci e raggiunga il suo unico obiettivo: tenere sotto controllo la pandemia.

È quindi naturale affermare che fino a quando si sentirà parlare solo di IMMUNI e non dell’organizzazione di un sistema sociosanitario esistente nel paese non ha alcun senso scaricare la APP sul proprio cellulare.

Con tutta evidenza molte altre persone come noi sono scettiche, infatti anche la Germania si ferma al 14,4% e secondo i dati risalenti alla metà di luglio, solo l’Australia guida la classifica con il 21,6% della COVIDSafe scaricata mentre tra i paesi che si pongono come fanalino di coda troviamo la Francia, bloccata ad un misero 3,1% della popolazione.

Quando si parla di digitalizzazione e nuove tecnologie troppo spesso si guarda al software trascurando colpevolmente l’organizzazione e la finalità ultima del suo utilizzo.

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